Schema Therapy

By adminpsy
12 Dec 2014
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Denita Bace

La Schema Therapy (Young & Klosko, 1994; Weishaar, 2003) consiste in un modello teorico e in un approccio terapeutico innovativo del  trattamento dei disturbi di personalità (gravi).

Secondo Young alcuni schemi, soprattutto quelli che si sviluppano in seguito ad un’esperienza negativa vissuta nell’infanzia, possono essere all’origine dei tratti di personalità patologica o dei veri e propri disturbi di personalità nonché di molte patologie croniche di Asse I.

Young amplia la terapia cognitivo-comportamentale e le teorie su cui essa si basa, integrandola con le teorie dell’ attaccamento,  la teoria costruttivista, il modello  psicodinamico  e le teorie della Gestalt. La Schema Therapy inizialmente nasce con l’obbiettivo di allargare i confini della terapia cognitivo comportamentale (CBT),  ma rispetto alla CBT dà molta più importanza all’analisi delle diverse fasi dello sviluppo del disturbo (a partire dall’infanzia o dall’adolescenza), alla sfera emotiva, alla relazione terapeutica e alle modalità di coping disfunzionali.

La schema Therapy, fa proprie  due caratteristiche fondamentali della terapia cognitivo comportamentale:  è strutturata e nel contempo sistematica.

La Schema Therapy presenta un sistema concettuale articolato e integrato; proprio questa sua caratteristica di apertura agli stimoli provenienti da altre teorie rende il modello parzialmente sovrapponibile a molti altri modelli di psicoterapia, compresi quelli psicodinamici. Tuttavia, la maggior parte di questi approcci risulta limitata rispetto alla Schema Therapy, che adotta non una singola metodologia, ma una molteplicità di strategie terapeutiche. Altre differenze si riscontrano nella relazione terapeuta-paziente. Nella schema Therapy il teraputa si relaziona al paziente assumendo un atteggiamento di apertura e confidenza. Lascia emergere la sua personalità e quando ritiene che ciò possa avere un effetto positivo sul paziente, anche le proprie emozioni. Stimola i commenti del paziente su sé stesso e sul trattamento per evitare che  eventuali sentimenti negativi possano rafforzarsi fino a portare al distacco e alla rottura. Pertanto, il terapeuta assume un equilibrio tra funzione attiva e funzione direttiva.

L’intervento terapeutico è centrato sulla individuazione e la modificazione di alcuni aspetti psicologici profondi, detti “Schemi Maladattivi Precoci”(SPM), tipici dei soggetti che presentano tratti patologici della personalità. Inoltre, questo approccio mira ad individuare la “parte sana” del paziente allo scopo di rafforzarla.

Il concetto di “schema”:

Nel linguaggio comune uno schema equivale ad una struttura, ad un modello oppure ad un profilo. Lo Schema rappresenta la struttura che l’individuo utilizza per interpretare la realtà e le esperienze vissute e di cui si avvale per trovare delle spiegazioni, per filtrare le percezioni e per guidare le proprie reazioni.

Il concetto di schema ha origini lontane, derivanti dalla psicologia cognitiva, dalla psicologia dello sviluppo cognitivo, dalla psicologia del sé e dalla teoria dell’attaccamento. Nella letteratura relativa alla Terapia Cognitiva, il termine schema cognitivo ha assunto molteplici significati (James, Southam & Blackburn, Segal, 1988; Young et al., 2003), che variano in relazione all’accessibilità o meno delle strutture cognitive. Quasi tutte le definizioni, tuttavia, sostengono che gli schemi cognitivi siano altamente generalizzati a livello sovraordinato, resistenti al cambiamento ed esercitino una forte influenza a livello cognitivo ed emotivo.

E’ noto in ambito psicoterapico come gli schemi che solitamente si formano durante l’infanzia tendano a riattivarsi e a ripresentarsi durante le esperienze vissute in età adulta. Il fenomeno a cui si fa riferimento è dovuto ad un bisogno di coerenza cognitiva ed ha la funzione di mantenere una certa stabilità nella visione di sé stessi e del mondo anche quando questa risulta inappropriata o distorta.

Secondo Young (1990, 1999) alcuni schemi, soprattutto quelli sviluppati in base ad un’esperienza negativa vissuta nell’infanzia,  sono all’origine dei tratti di personalità patologica o dei veri e propri disturbi di personalità nonché di molte patologie croniche di Asse I. A differenza dagli schemi di Beck, gli schemi individuati da Young, sono una struttura emotiva e cognitiva disfunzionale, che si consolida nelle prime fasi dello sviluppo e si mantiene per tutta la vita.

Il presupposto su cui si basa la teoria è che gli schemi derivino dalla frustrazione durante l’infanzia, di almeno uno dei cinque bisogni primari quali:

1.     Avere un legame stabile con gli altri (bisogno di protezione, stabilità, cura, accettazione);

2.     Essere autonomi e sviluppare un senso di competenza e identità;

3.     Il bisogno di libertà di espressione dei bisogni e delle emozioni;

4.     Il bisogno di spontaneità e di gioco;

5.     Avere dei limiti realistici e lo sviluppo dell’autocontrollo.

L’interazione tra il temperamento innato del bambino e l’ambiente in cui cresce può portare alla frustrazione, piuttosto che alla soddisfazione dei suoi bisogni  primari. Lo scopo della Schema Therapy come di tutte le modalità d’intervento relative, è di aiutare il paziente a trovare strategie funzionali al soddisfacimento di questi bisogni.

Per sviluppare questa teoria Young ha individuato un gruppo di schemi  che ha denominato Schemi Maladattivi Precoci (SPM). Secondo la definizione di Young uno SPM è un concetto o modello omnicomprensivo formato da ricordi, emozioni, pensieri e sensazioni somatiche. E’ utilizzato per comprendere se stessi e il rapporto con gli altri. Si sviluppa nell’infanzia o nell’adolescenza, rimane presente per tutte le fasi della vita ed è evidentemente disfunzionale. In sintesi è una struttura emotiva e cognitiva disfunzionale che si consolida nelle prime fasi dello sviluppo e si mantiene per tutta la vita.

Gli schemi tendono ad essere attivati (incoscientemente) in situazioni per certi aspetti analoghe a quelle vissute durante l’infanzia. La gravità di uno schema è proporzionale all’intensità e alla durata della sensazione negativa che scatena quando esso si attiva.

Si individuano quattro tipi di esperienze negative dell’infanzia che favoriscono la formazione degli schemi mal adattivi precoci in età infantile.

La prima è la frustrazione dei bisogni primari che porta allo sviluppo di schemi quali deprivazione emotiva o dell’abbandono. La seconda consiste nel trauma o nel maltrattamento:in questo caso il bambino può sviluppare schemi del tipo sfiducia/abuso o inadeguatezza/vergogna o vulnerabilità. Una terza situazione è quella in cui il bambino riceve troppe attenzioni da parte dei genitori, eccessive manifestazioni di affetto e stima o elevate aspettative, atteggiamenti che in giusta misura sarebbero positivi. Si tratta dei casi in cui i genitori tendono a essere troppo presenti nella vita del bambino e a proteggerlo troppo o al contrario concedergli troppa liberta: i bisogni primari del bambino, legati allo sviluppo di autonomia e dei limiti realistici, possono rimanere insoddisfatti. Il quarto tipo di esperienza che favorisce l’instaurarsi degli schemi mal adattivi precoci è la cosiddetta interiorizzazione dell'altro significativo o in altre parole l’identificazione con un famigliare. Il bambino sceglie il genitore con cui identificarsi e ne introietta i pensieri, le emozioni, le esperienze e i comportamenti.

Young inizialmente individua 18 SPM che classifica in cinque categorie:

1)     Distacco e/o rifiuto: di solito in questi casi la famiglia d’origine è una famiglia instabile, poco affettuosa, troppo esigente, o isolata dal mondo esterno. Da questo dominio si originano alcune tra le più gravi patologie relazionali;

2)     Mancanza di regole: chi presenta questo tipo di schemi non ha sviluppato regole adeguate in ambito relazionale e interpersonale o non riesce a perseguire obiettivi a lungo termine. La tipica famiglia d’origine ha ostacolato il figlio nell’assunzione delle proprie responsabilità, non gli ha insegnato a collaborare in modo proficuo con le altre persone perché, invece di confrontarsi con lui e definire una disciplina e delle regole adeguate, ha assunto atteggiamenti troppo permissivi o indulgenti nei suoi confronti. Non gli hanno insegnato inoltre a tollerare un normale livello di sopportazione del disagio;

3)     Eccessiva attenzione ai bisogni degli altri: le persone che presentano questi schemi prestano eccessiva attenzione ai bisogni degli altri a discapito dei propri. Da bambini è stata loro negata la liberta di seguire le proprie inclinazioni: da adulti, invece di focalizzarsi su se stessi, si focalizzano sugli altri tentando di soddisfare i loro desideri. La famiglia tipica di questi pazienti è caratterizzata da un atteggiamento di accettazione condizionata: i genitori danno più importanza ai propri bisogni emotivi piuttosto che ai bisogni soggettivi dei figli;

4)     Iper-controllo e Inibizione: la tipica famiglia è cupa, esigente ed in alcuni casi punitiva: le prestazioni, il perfezionismo, il rispetto rigido delle regole, la repressione delle emozioni e il tentativo di non commettere errori hanno un ruolo primario sui piaceri e le gioie della vita, sul benessere psicofisico del bambino;

5)     Mancanza di autonomia e stabilità: si tratta di soggetti che durante l’infanzia sono stati iperprotetti e che hanno avuto una famiglia d’origine che interveniva in ogni situazione sostituendosi a loro. I pazienti hanno aspettative nei confronti di sé stessi e degli altri che interferiscono con la capacità di differenziarsi dalle figure genitoriali e di crearsi un’identità e una vita indipendente.

Il primo obiettivo della Schema Therapy è permettere al paziente il raggiungimento della consapevolezza: il terapeuta aiuta il paziente a identificare i propri schemi e a diventare consapevole dei ricordi d’infanzia, delle emozioni dei pensieri e degli stili di coping ad essi associati. Questo consente al paziente di esercitare una sorta di controllo sulle proprie risposte emotive e di trovare la motivazione per superare lo schema. Quindi l’obbiettivo diviene quello di incrementare il controllo cosciente che il paziente può esercitare sugli schemi  attraverso l’acquisizione di strategie mirate alla riduzione dell’intensità e della pervasività dei ricordi, delle sensazioni somatiche e dei pensieri associati agli schemi e alla correzione dei comportamenti disfunzionali ad essi correlati.

Gli schemi possono dare vita a due processi: Il mantenimento (tutte le azioni volontarie e involontarie che attivano lo schema costituiscono il processo di mantenimento. Contribuiscono a ciò tre principali meccanismi: le distorsioni cognitive, gli stili di vita autodistruttivi e gli stili di coping) e la correzione (consiste nel ridurre la pervasività dei ricordi ad esso associati,  l’intensità delle emozioni e delle sensazioni somatiche che ne derivano, e la quantità dei pensieri disfunzionali. È necessario anche un cambiamento comportamentale che avviene attraverso l’apprendimento da parte del paziente, di strategie adattive nuove e alternative rispetto agli stili di coping disfunzionali.

Il trattamento prevede perciò un intervento a più livelli: emotivo, esperienziale, cognitivo e comportamentale.

Un altro concetto sviluppato da Young è quello di mode (mode Works) il quale costituisce l’aspetto più complesso del modello teorico. Un mode è l’insieme di schemi o delle manifestazioni degli schemi – adattivi o disadattivi – che si attivano in un individuo in un determinato momento. Comprende sia le risposte di coping  che gli stati  emotivi.

La teoria prevede una costante analisi sia dei mode adattivi che di quelli maladattivi. Infatti, un altro obiettivo del percorso terapeutico è quello di aiutare il paziente a “saltare” – “passare” da un mode disadattivo ad uno più adattivo. Per fare ciò, si individuano insieme al paziente,  i mode presenti e l’origine di essi. Successivamente, il lavoro procede nell’aumentare la capacità del paziente, inizialmente in seduta e per effetto di una generalizzazione anche al di fuori dalla stessa,  di individuare quale mode si attiva in uno specifico momento o situazione. A tale scopo, si ha innanzitutto una fase di psico- educazione dove vengono esplorati e individuati insieme al paziente i diversi mode.

Il concetto di “mode”:

Un mode disfunzionale entra in gioco quando determinati schemi o risposte di coping mal adattivi emergono sotto forma di emozioni negative: risposte di evitamento o comportamenti autodistruttivi che influenzano la risposta dell’individuo e ne determinano il funzionamento emotivo e comportamentale.

Per esempio il mode B. arrabbiato, che manifesta apertamente la rabbia quando ha la sensazione che i propri bisogni primari non vengono soddisfatti  o che il trattamento ricevuto sia ingiusto in correlazione agli schemi principali, il mode Genitore esigente, che si aspetta molto dagli altri e li investe di grandi responsabilità, spinge in modo oppressivo sé stesso e gli altri a raggiungere gli obiettivi prefissati, il mode arreso compiacente, una modalità dipendente in cui il  il paziente fa tutto ciò che gli altri gli chiedono – modalità dipendente.

In sintesi i mode si dividono in:

·       mode Bambino (B. vulnerabile, B. Arrabbiato; B. Impulsivo, B. Indisciplinato e B. Felice);

·       mode di Coping disfunzionale (Protettore distaccato, l’Ipercompensatore e l’Arreso compiacente);

·       mode Genitore disfunzionale (G. esigente, G. punitivo);

·       mode Adulto Funzionale.

L’obiettivo centrale della terapia è quello di sviluppare e rinforzare il mode adulto funzionale, imparando ad esplorare quelli disfunzionali modificandoli o migliorando il loro funzionamento.

Ad esempio un paziente con il disturbo Borderline di Personalità mostra solitamente quattro mode diversi che si alternano con grande rapidità: in un determinato momento egli si trova in mode Bambino Abbandonato e vive il dolore provocato dagli schemi, un attimo dopo può passare al mode Bambino arrabbiato ed esprimere la rabbia, per poi passare rapidamente al mode Genitore punitivo, nel quale punisce il bambino abbandonato e infine ritirarsi nel mode Protettore distaccato, nel quale frena tutte le emozioni e tiene gli altri a distanza nel tentativo di proteggersi.  

Il Trattamento

La Schema Therapy si articola in due fasi: la fase di “Assessment e psicoeducazione” e la fase di “Cambiamento”. Nel corso della prima fase, il terapeutaaiuta il paziente a identificare gli schemi o i mode, a comprenderne le origini ricercandole nell’infanzia o nell’adolescenza, e a creare delle associazioni fra essi  e i problemi della vita presente.

La seconda fase,quella del “Cambiamento” prevede un utilizzo integrato di strategie cognitive, esperienziali, comportamentali e interpersonali che hanno l’obiettivo di correggere gli schemi e sostituire gli stili di coping disadattivi con modelli di comportamento più funzionali.

Il “parziale reparenting” ha assunto un ruolo sempre più importante nella terapia, in particolare per  quanto riguarda il trattamento dei pazienti più gravi. Per questo motivo è fondamentale che il terapeuta cerchi di soddisfare, ovviamente entro i limiti della relazione terapeutica, i bisogni che il paziente non ha potuto soddisfare durante l’infanzia.

Un’altra peculiarità del modello teorico della Schema Therapy è porre maggiore enfasi anche sugli schemi e sugli stili di coping del terapeuta, soprattutto, nel contesto della relazione terapeutica alla quale si presta particolare attenzione.

Infine, l’approccio della Schema Therapy è empatico e rispettoso nei confronti dei pazienti, soprattutto, di quelli più gravi e, in particolare, di quelli affetti da Disturbo Borderline di Personalità, ai quali spesso viene riservato un trattamento decisamente poco empatico, per non  dire “rimproverante”, nel contesto delle terapie tradizionali.

Gli stessi concetti di “confronto empatico” e “parziale reparenting” inducono i terapeuti a sviluppare  un atteggiamento accudente nei confronti del paziente. Lavorare sui “mode”,  inoltre, facilita il processo di confronto, permettendo al terapeuta di contrastare  con forza i comportamenti rigidi e disfunzionali del paziente, senza per questo  compromettere l’alleanza terapeutica.

Nel lavoro terapeutico si possono individuare sette fase:

1)     Identificare e dare un nome ai mode del paziente;

2)     Esplorare l’origine e il valore adattivo (qualora rilevante) dei mode durante  l’infanzia e l’adolescenza;

3)     Associare i mode ai problemi  e ai sintomi presentato dal paziente nella vita attuale;

4)     Dimostrare i vantaggi di modificare o escludere un mode che ostacola l’accesso ad un altro mode;

5)     Accedere al Bambino Vulnerabile attraverso le tecniche immaginative (immagery);

6)     Mettere in comunicazione attraverso il dialogo, i vari mode. All’inizio è il terapeuta che modella l’adulto funzionale; in un secondo momento, sarà il paziente stesso ad interpretarlo;

7)     Aiutare il paziente ad applicare le strategie terapeutiche alla vita quotidiana.

L’innovazione della Schema Therapy consiste nell’utilizzo degli esercizi esperenziali (Tecnica di Immagery, preceduta dalla tecnica del Posto sicuro (per cercare di rilassare il paziente e fare in modo che abbassi le resistenze all’esercizio). La tecnica de Reparenting che può essere attuata sia nel corso della seduta che nell’immagery. La tecnica dell’immagery può essere condotta in tre modi diversi:

1)     Chiedere al paziente di individuare un’immagine di sé bambino in una situazione in cui ha sperimentato particolare disagio.

2)     Chiedere al paziente di individuare una situazione del presente nella quale si è sentito a disagio e, durante l’elaborazione dello stesso, “saltare” in una situazione del passato dove ha sperimentato sentimenti simili (per arrivare all’origine dello schema).

3)     Chiedere al paziente di immaginare una situazione da sé bambino in una situazione in cui ha sperimentato particolare disagio e, dopo averla analizzata successivamente, si chiede di  “saltare” ad un immagine del presente dove sperimenta sentimenti simili.

Attraverso queste tecniche, oltre a rivivere il ricordo, le emozioni e pensieri ad esso associati, il paziente compie una codificazione emotivo-psicologica e sensoriale–fisica dell’evento traumatico. Questo risulta oltre che dalla elaborazione del vissuto, anche dalla modifica della “scena vissuta in imagery”, nella quale si restituisce al paziente ciò di cui avrebbe avuto bisogno e avrebbe dovuto di soddisfare il bisogni  primari  del  bambino.

Obbiettivo delle tecniche esperienziali è innanzitutto quello di modificare gli schemi a livello affettivo. Ovviamente questo tipo di tecnica, proprio perché attiva emozioni dolorose, potrebbe, soprattutto nei pazienti evitanti, attivare i meccanismi di evitamento e perciò è fondamentale fornire al paziente delle valide motivazioni per affrontarli.

Infine, il trattamento degli schemi prevede anche l’utilizzo di Tecniche Corporee, soprattutto per i pazienti che hanno difficoltà a provare ed esprimere le emozioni. A questo scopo, è possibile associare alle emozioni suoni o movimenti, incoraggiando il paziente a parlarne a voce alta o ad esempio a prendere a pugni un cuscino, quando tenta di reprimere la rabbia.

 

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Published online: 12 December 2014.

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