An interview with Wendy Behary

By adminpsy
8 Dec 2014
0
image_pdfimage_print

E-Journal of Psychotherapy Research metacomunica con Wendy Behary sulle tecniche di schema therapy con il cliente narcisista.

Parte 1: Quando una persona narcisista manipola il o la partner, lo fa intenzionalmente?

Parte 2: Qualche consiglio sul self disclosure.

Parte 1: Quando una persona narcisista manipola il o la partner, lo fa intenzionalmente?

Wendy, hai mai sentito uno dei tuoi clienti narcisistici ammettere di aver manipolato intenzionalmente il/la partner?

In verità loro nemmeno si accorgono che lo stanno facendo, questo è il punto! Quindi, non penso che sia intenzionale. Credo semplicemente che abbiano un’idea di cos’è meglio, e se qualcuno non sceglie la risposta che loro hanno scelto o che ritenevano corretta, si sentono insultati e criticano il partner per camuffare la loro vergogna. Non sanno nemmeno di averlo fatto davvero… se dicessi: “Guarda, hai offerto due scelte, questo è stato molto carino, molto cortese da parte tua, tu chiedi: “Cosa ti piacerebbe fare? Ti piacerebbe fare questo? Ti piacerebbe fare quello?” Il tuo partner dice: “Vorrei fare quello” e tu rispondi: “Che? È un’idea stupida!”

Un narcisista direbbe: “ Beh, è stupida sul serio… dico solo la verità, nel senso, lei ha scelto la risposta stupida.” E io gli dico: “Ma tu le hai dato scelta”, e lui replica: “Sì, ma dovrebbe saper scegliere meglio!” Loro non lo vedono come una manipolazione pianificata… in realtà loro sono convinti di avere la risposta giusta… è quasi come un test, in un certo qual modo… ma non è un test fatto coscientemente… è più nel senso: “Io so la risposta giusta, tu scegli… e… vediamo se riesci ad azzeccare quella giusta e se sei intelligente anche tu.”  Quindi, loro non necessariamente sanno di averla preparata in quel modo e spesso sentono di offrire un buon servizio, ad esempio: un padre narcisista offre a suo figlio la possibilità di scegliere un gusto fra tanti in gelateria: “Allora, scegli quello che vuoi, quello che ti pare”… e il ragazzino sceglie un gelato molto divertente e colorato, con tanti colori mischiati, come un arcobaleno e il papà dice: “Perché? È ridicolo, non è nemmeno un vero gusto! È così sciocco da parte tua… perché hai scelto quello?” E il ragazzino è così imbarazzato di fronte a tutti: “Oh, allora credo che lo prenderò al cioccolato…” dice a suo papà. “Buona scelta!”, dice allora il padre. Se chiedessimo al padre perché ha manipolato il figlio in quella maniera, probabilmente direbbe: “Non lo stavo manipolando… Solo non posso credere che abbia scelto quel gusto! Gli sto insegnando…”. Tu potresti ribattere dicendo: “OK, ma è come tendergli una trappola… tu metti l’esca e poi lo catturi.” Lui probabilmente penserebbe che è semplicemente ridicolo e mi direbbe di pensare ai fatti miei. Non lo vedranno mai come manipolazione o come controllo se usato nei confronti dei loro figli e dei loro partner. Ci sono però momenti, quando si sentono bambini piccoli arrabbiati, in cui i narcisisti potrebbero dire:

“Sì volevo far male alla mia partner… lei mi ha ferito e io la ferirò immediatamente. È semplicemente giusto così.”  In questi casi, se tu dicessi loro: “L’hai fatto apposta? Stavi provando ad essere manipolativo, stavi provando a ferirla?”  potrebbero rispondere: “Sì, occhio per occhio, dente per dente.” Potrebbe essere in caso di divorzio, potrebbe essere riguardo ai soldi, potrebbe essere a proposito del ruolo di genitori, potrebbe essere per i figli… Direi che quando lo fanno intenzionalmente si sentono giustificati. Lo razionalizzano: “Sì, l’ho fatto di proposito, l’ho fatto… ed era giusto così.”

Non vedo i narcisisti come devianti. Non credo che siano così devianti da pensare: “Come posso manipolarti?”. Alla fine dei giochi, forse a causa di problemi di sociopatia e antisocialità, possono essere più manipolativi e devianti nel fatto che cerchino il piacere nel creare dolore agli altri. Io penso che in un certo modo siamo tutti “manipolatori” in quanto esseri umani. Non sempre è una brutta parola o azione… noi manipoliamo il mondo per farlo funzionare per noi stessi fin da quando nasciamo, per far sì che soddisfi le nostre necessità, giusto? Ma questo non significa che siamo cattivi o devianti… Non credo che i narcisisti studino a tavolino modi per ferire le persone, ma giustificheranno il diritto di ferire qualcuno se sono stati feriti in precedenza. Quindi, a volte sì, fanno cose nello spirito di autoconservazione, anche se danneggiano gli altri seriamente, dicendo: “Sì, l’ho fatto, le ho urlato contro, l’ho insultata per farle sapere come ci si sente quando mi ignora.” Lo percepiscono come retto, giusto. Negano e poi difendono il loro punto di vista. Non la vedo come manipolazione, bensì come senso del diritto all’autoprotezione da parte di persone insicure nel profondo.

 

Quando invece appaiono distaccati, pensi che loro sappiano che questa può essere una mossa di tipo seduttivo?

 

No, nella maggioranza dei casi è automatico. E’ solo il modo in cui hanno imparato a comportarsi. Appaiono distaccati quando non si sentono a proprio agio, soprattutto se viene innescata la loro parte di bambini soli e insicuri. Nel senso che quando il partner dice al narcisista: “Non mi piace quando fai… perché… mi sento molto triste quando… mi sento molto ferito quando… sono deluso…” il partner non fa niente di male esprimendo il proprio sentirsi ferito e la propria delusione, ma i narcisisti non riescono a gestire questa lamentela, poiché ciò che sentono, attraverso il filtro dei loro primitivi schemi disadattivi, è colpa e che loro sono inadeguati, vergognosi, che devono provarci ancora di più. Lo sentono come lo sentivano quando erano ragazzi e dovevano agire come si aspettavano i loro caregiver. Diventano così frustrati e arrabbiati che possono chiudersi, a volte temendo di indurre il partner a lasciarli a causa della loro chiusura.

 

Quindi loro ne sono consapevoli?

 

A volte sì, a volte no… nel senso, i nostri modi di reagire diventano alquanto automatici. Li costruiamo nei primi momenti del nostro sviluppo, e diventano abitudini. Ci sono anche delle volte in cui ci può succedere come ad un bambino che sa che: “Se butto qualcosa in terra, farò arrabbiare la mamma, e allora capirà come mi sento.” Quindi, se visto da questa inquadratura, potrebbe essere deliberato, ma il più delle volte è semplicemente automatico.

La Schema Therapy non prende in considerazione i pazienti come se fossero devianti. Li vediamo come vulnerabili nel profondo, con strategie molto complesse che sono state costruite per autoprotezione. E, purtroppo, queste strategie possono ferire le persone…

Noi li consideriamo come vulnerabili nel profondo, non come cattivi. Li guardiamo e vediamo che hanno questi costrutti per proteggersi e a questi dobbiamo puntare durante il trattamento.  Dobbiamo affrontare con enfasi i comportamenti distaccati per provare a rompere questo muro, dobbiamo porre dei limiti per le parti prepotenti, irrispettose, violente o pericolose… ma sappiamo che nel profondo sono vulnerabili. Chiamare le persone manipolatorie è semplicemente incolpare, e noi non incolpiamo il paziente, ma li riteniamo assolutamente responsabili del loro comportamento…

 

Mi chiedevo se qualche volta ammettono di fare qualcosa intenzionalmente essendone consapevoli, non solo perché gli succede di comportarsi così…

 

Sì, se si sentono come se gli dovessi far male… se si sentono arrabbiati… questo è come possono a volte apparire alcune tendenze passivo-aggressive nel paziente… una delle miei pazienti narcisiste finirebbe sempre per arrivare in ritardo e direbbe: “Più lei richiede, mi fa delle richieste, più io non mi presenterò in orario.” Quindi è un modo passivo aggressivo di…  sì, è farlo di proposito, ma si sente in diritto di farlo intenzionalmente perché si sente così: “Lei fa la difficile, perciò glielo renderò difficile a mia volta.” Giusto? Sappiamo che non risolve il problema, certo che no, peggiora solo le cose, ma loro lo fanno ugualmente.

 

Questi clienti appaiono molto intelligenti, le loro mosse sono molto precise, appaiono molto scaltri… quindi mi chiedo sempre se c’è qualcosa dentro di loro che li guida…

 

Sopravvivenza emotiva? È una forma diversa di sopravvivenza. Loro non necessariamente si auto ledono, come potrebbero fare pazienti borderline, dal momento che non necessariamente hanno questo tipo di tendenze autodistruttive. Hanno tendenze controproducenti più insidiose. Con il passare del tempo potrebbero ammalarsi a causa di alcol o droghe, potrebbero perdere i loro soldi al gioco, ma non si fanno del male direttamente, quindi… la traiettoria della sopravvivenza emotiva è diversa… in parte questi comportamenti possono essere dovuti al temperamento e all’osservazione del comportamento dei membri della loro famiglia.

Alcune modalità di sopravvivenza sono più tranquille come quelle distaccate o protettive, alcune sono più forti, come le modalità combattive e auto referenziali. Alcuni narcisisti non sono degli spacconi; infatti fanno parte di tipologie più tranquille che probabilmente esercitano un controllo, ma non vanno in giro parlando di se stessi some se fossero meravigliosi, come se non volessero comunicare con nessuno. Le modalità si possono manifestare in maniera diversa, poiché il narcisismo si sviluppa su un ampio spettro, partendo da forme benigne e nascoste fino a forme più maligne e aggressive.

 

Rimango sempre colpita quando vedo delle somiglianze… come fanno a scegliere tutti queste tattiche, questa strategia per manipolare il partner?

 

Noi lo vediamo come una forma di sopravvivenza emotiva che venne imparata in età molto tenera: come vivere nel mondo, come avere a che fare con le cose che non li fanno sentire a loro agio… sanno come essere affascinanti, sanno come fare per farsi apprezzare dalle persone  e sanno come allontanarle, anche se non sanno che lo stanno facendo. Ma non sono molto consapevoli del risultato. Finiscono con l’allontanare le persone e finiscono per non farsi più apprezzare, ma loro diranno: “Che importa?”. E, infatti, fanno sì che certe cose vadano alla grande nella loro carriera. Possono essere molto forti, di successo e potenti perché sono molto bravi nel concentrarsi su quello che devono fare, lavorare sodo, competere, raggiungere, guadagnando successo e potere contando solo ed esclusivamente sulle proprie forze. Non la chiamerei manipolazione, io non userei questa parola… direi che hanno queste modalità anche sul posto di lavoro… lottano per il posto che spetta loro e sanno come avere risultati vincenti quando si tratta di strategie e meccanismi, questo perché sono distaccati. Non potresti mai essere un grande chirurgo se fossi connesso emotivamente (in quel preciso momento) con la persona sul tavolo operatorio… non puoi pensare alle emozioni della famiglia che aspetta fuori, o alle emozioni che prova la persona sul tavolo operatorio, devi essere distaccato se sei un tecnico esperto. Il problema si pone perché a volte non riescono a lasciare la modalità distaccata in sala operatoria… alcuni miei pazienti sono radiologi, chirurghi, neurologi… sono molto bravi in quello che fanno… il meglio del meglio e a volte (non lo si può negare) è principalmente dovuto al fatto che diventano molto bravi ad essere emotivamente distaccati oltre ad essere veramente brillanti.

 

Tu hai ragione a non chiamarla manipolazione, perché è sopravvivenza e autodifesa, ma quando succede in una relazione, ci sono delle vittime, perché l’altra parte nella relazione potrebbe…

 

Sì, ci sono delle vittime, o partner offesi come li chiamo io, ma bisogna anche indagare sulla loro storia… sul perché sono bloccate. Questo non per incolparle. Di sicuro io non incolpo nessuno che  si senta di non poter abbandonare la relazione. Non è così facile. Ma, sono sempre curiosa quando incontro donne che sono partner di narcisisti: perché continuano la relazione? Perché la tollerano? Perché è difficile ribellarsi a una persona narcisista? Sono pericolosi? Hai paura? È per i tuoi figli? Ci sono delle ragioni, questo è certo, e a volte soffrono davvero a causa di abusi psicologici (si spera non anche fisici), perché vengono ignorate, criticate o perché hanno un partner che è così egocentrico e chiuso che si sentono completamente sole.

 

Sì, ma è difficile porre la domanda sul perché stiano accettando questo senza farle sentire in colpa…

 

La primissima cosa è chiarire: “Non ti sto incolpando. Questa non è una colpa, ma sono curiosa di sapere cosa ti rende difficile ribellarti”. Non posso semplicemente omettere queste importanti informazioni sul loro senso di identità, e spesso sul loro dubitare di loro stesse e sulla loro arrendevolezza. A volte mi chiedono: “Mi stai incolpando?” E io rispondo: “Assolutamente no. Voglio solo capire cosa ti spinge a tenere in piedi la relazione, cosa hai già provato a fare per combattere per te stessa e per le tue necessità… che cos’hai provato a fare per mandare il tuo partner in terapia… Hai voce in capitolo?” Allora loro potrebbero dire: “Beh, non è una mia responsabilità.” E io rispondo: “No, non è una tua responsabilità aggiustare le cose, l’unica tua responsabilità è di prenderti cura di te stessa ed essere sicura di stare bene.” Alcune donne con le quali ho lavorato dicevano che non avrebbero potuto andarsene perché hanno dei figli piccoli e non vogliono lasciare i loro bambini con questi uomini difficili (o noncuranti)… Vedo le loro ragioni, le rispetto, le comprendo; è un sacrificio ma è tutto quello che riescono a fare in questo momento. Non incolpo nessuno che faccia la scelta di rimanere, posto che sia una scelta e non che si inneschi uno schema che le faccia sentire impotenti, trascurate, sacrificate, soggiogate o deprivate. Alcune di loro amano il loro partner narcisista per quella scintilla di vulnerabilità che vedono in lui di tanto in tanto, o perché egli è effettivamente un buon padre per i loro figli. Una parte della ragione per la quale ho scritto il mio libro è stata ispirata da alcune delle donne che incontravo, le quali dicevano di amare questi uomini. Potevano vedere la vulnerabilità sotto il bullo, sotto la parte auto referenziale, critica e distaccata… la potevano vedere e amavano questa parte di loro. Volevano che i loro partner stessero bene e volevano supportarli nelle cure, anche se il costo era elevato dal momento che soffrivano molto dolore. Io dico sempre loro: “Ti sosterrò in qualunque caso, se te ne vuoi andare, ti sosterrò nell’andare, se vuoi rimanere, ti sosterrò nel rimanere, posto che non sia pericoloso e tu sia al sicuro. Ti sosterrò in entrambe le direzioni, perché non c’è una scelta giusta, ma dobbiamo essere certi che tu stia bene e che tu non debba pagare un prezzo troppo alto emotivamente in nessuno dei due casi”. Si tratta di operare una valutazione personalizzata di se stesse e del partner e di rassicurarle sul fatto che possono valutare, rinnovare o rivedere la propria scelta ogni giorno. In ultima analisi, si tratta del diritto di soddisfare le proprie necessità… di essere amate in maniera sana e vivere una relazione sana.

 

Come aiuti queste donne a interrompere la relazione?

 

A volte si tratta solo di lavorare su schemi maladattativi sviluppati precocemente come l’auto sacrificio o il soggiogamento. Alcune possono avere forti problemi di inadeguatezza, per esempio, non si sentono all’altezza… alcune hanno schemi di abbandono e non possono tollerare di stare da sole. Sono terrorizzate dall’idea di rimanere sole per sempre, così, come per il percorso di cura con il narcisista, aiutiamo anche a curare gli schemi della partner… così che possano prendersi cura della loro parte vulnerabile in maniera salutare. Se rimangono solo perché sono prigioniere di credenze sviluppatesi in età precoce, non sono in grado di compiere una vera “scelta”. Vogliamo essere sicuri che scelgano nella modalità di adulto in salute e che quindi questa scelta possa rimanere sospesa finché non riceveranno aiuto a riconnettersi con la loro parte infantile e vulnerabile.

 

Perché ciò di cui stiamo parlando accade in relazioni in cui le donne hanno meno potere degli uomini.

 

A volte è così, ma a volte le donne hanno moltissimo potere. Potrebbero non sapere di averlo, ma potrebbero anche avere molta influenza. Alcune di loro sono effettivamente molto potenti nella relazione, ovviamente in particolare se è la donna ad essere narcisista.

 

Quando troviamo un’asimmetria in favore del maschio, che è la situazione più comune, qualunque sia la causa dell’asimmetria, essa mette la donna nella posizione della vittima.

 

Se hanno problemi di soggiogamento, se è maltrattata, potrebbe sentirsi come nell’infanzia (in certi casi), ma noi cerchiamo di staccare il passato dal presente, aiutandola a rendersi conto delle sue forze e delle sue risorse di donna adulta. Cerco di aiutare le donne che curo a capire che la loro parte vulnerabile può sentirsi abusata o come se non avesse importanza. Potrebbero sentirsi indebolite e meno importanti – una costante nella loro vita – e seguire lo stesso ordine che seguivano quando erano troppo piccole per affrontarlo. Questo non è colpa della donna, è solo ciò a cui è abituata… le è familiare. In ultima analisi, ciò che voglio fare capire alle partner è che non sono più quella bambina piccola, per questo non sono senza speranza, non sono veramente vittime, sono persone che stanno soffrendo in un tempo assolutamente reale e in uno stato in cui il tempo è distorto. Ci sono donne che, quando si sentono terribilmente sole e lontane dal partner, si chiudono anch’esse a riccio… bevono, mangiano, fanno shopping e non si prendono cura di se stesse. Evitano il conflitto perché si sentono senza speranza. Si sentono anche provocate ad un livello così profondo che non vedono via d’uscita. Non vedo una povera vittima che vive con un mostro, piuttosto le aiuto a vedere (oltre ogni problema culturale o generazionale che può influenzare una relazione tradizionalmente non paritaria e non bilanciata) in profondità sotto la superficie che: “Uhm, io lo sto accettando, non lo devo fare per forza, non sono costretta ad accettarlo, questo è quello che facevo quando ero piccola, non è necessario che sia così anche adesso che sono adulta, posso fare altre scelte.” Questo non è né semplice né facile… ma è fondamentale per la guarigione una volta che è cominciato il percorso.

 

Quindi, come pensi debbano intervenire i centri contro le violenze sulle donne. Come sai ci sono questi centri per donne che…

 

Certamente, tanti anni fa ero direttrice di un centro per donne maltrattate…

 

Ai centri che ricevono la richiesta di aiuto da donne che vivono una relazione con una persona narcisista, che consiglio daresti?

 

Se sono in una situazione pericolosa e violenta, hanno bisogno di uscirne. La sicurezza viene prima di tutto.

 

Sì, ma nel caso specifico la maggioranza dei narcisisti non è pericolosa.

 

Ma alcuni lo sono, ma non tutti, hai ragione. La maggior parte di loro fanno star male la partner criticandola o ignorandola, ma alcuni possono essere brutali e violenti.

 

Talvolta si tratta di violenza esclusivamente psicologica.

 

Sì, a volte è una tipo di forte deprivazione emotiva o diventano critici; potrebbero usare minacce costanti di troncare la relazione. È un tipo di abuso mentale? Certamente. Se è ciò che intendi per abuso mentale, psicologico e emotivo? Sì, può essere molto brutale e avere conseguenze emotive molto pericolose e se qualcuna arriva al rifugio cercando sicurezza o una via d’uscita perché l’abuso emotivo la fa sentire molto depressa – forse sentendo istinti suicidi o semplicemente sentendo che non può stare bene, non può funzionare al meglio – allora la cosa migliore da fare per lei può essere interrompere la relazione, anche solo per un periodo, per potersi curare… certamente, non sempre è facile andarsene.

 

E a volte non ci riescono. Sanno che dovrebbero, ma non lo fanno, sentono di non farcela, perché è presente ciò che hai appena detto…

 

Sì, penso che sia perché spesso l’attivazione dei loro schemi è molto forte e hanno interiorizzato un messaggio che dice: “Sono una fallita… è colpa mia…”

Il punto è proprio che non c’è nessun prototipo di relazione. Noi vediamo le parti auto referenziali dei narcisisti che sono molto dure… combattenti, giusto? Vediamo le parti distaccate che si chiudono a riccio e si auto stimolano e auto leniscono, si disconnettono.

I narcisisti possono avere una varietà di tipi di partner diversi: quelle che hanno problemi di auto sacrificio, partner che hanno patologie borderline, pazienti che si sentono molto inadeguati o hanno problemi di abbandono. Quindi non c’è un assoluto, “one size fits all”, nonostante il fatto che ci sono alcuni modelli prevedibili, per esempio la partner che soddisfa la “checklist” delle aspettative del narcisista.

 

Ho menzionato il caso di una donna che vuole andarsene ma non ci riesce a causa di ragioni psicologiche. Ad esempio: perché sento che rimarrò sola, ho paura, mi sento in colpa…

 

Ti stai riferendo a schemi di auto sacrificio e abbandono…

 

Se in questi casi si consiglia la psicoterapia, nella relazione di coppia lei si prende il ruolo della persona che sbaglia, della persona che deve fare dei cambiamenti…

 

Ma potrebbe trarre anche lei benefici dai cambiamenti: anche lei avrà bisogno di collegarsi con le sua parte vulnerabile e lavorare per fortificare la sua parte adulta più solida per se stessa, non solo per empatizzare con la vulnerabilità “del narcisista”. Questo la aiuta a fare delle scelte che lei vuole fare e che lei ha bisogno di fare. Molte donne che fanno psicoterapia, quando vivono con un narcisista e iniziano ad essere più in salute e più definite, guardano alla relazione ed iniziano ad immaginare: “Forse non voglio più tutto questo. Forse merito di essere amata in un modo salutare e reciproco.” E questo è il momento in cui il narcisista si risveglia e può diventare più motivato a seguire una terapia perché c’è una “leva” – una conseguenza significativa. Vede una donna che è in salute e un po’ più forte – una che effettivamente potrebbe perdere. E potrebbe iniziare a spaventarsi. La sua partner non usa tutto ciò come manipolazione: è semplicemente ciò che per lei diventa reale. E se lei vuole ancora dar tempo alla relazione, con la “leva” e il terapeuta che sappia trattare il narcisista, le cose possono funzionare! Ma sfortunatamente non abbiamo molti terapeuti che vogliono o si sentono in grado di lavorare con i narcisisti, quindi di solito crolla tutto.

Ma, con un aiuto, una partner potrebbe riuscire a stare meglio e potrebbe rivalutare la sua relazione e scegliere di troncarla. Ho avuto una paziente che è arrivata a capire (nella sua modalità sana): “Sì, qui non ci voglio davvero stare, e so che ci si sente soli ma sto bene, ho dei buoni amici, ho molte cose che amo fare…” e diceva sul serio. Non si tratta sempre di essere distaccati. Alcuni possono completare la terapia e scegliere di continuare la relazione per il momento, forse la prossima settimana sceglieranno qualcosa di diverso, ma almeno stanno scegliendo in una modalità più sana. Voglio solo portarle in una modalità più sana non importa altro… sia che stiano con un narcisista si che siano da sole… non importa. Voglio che siano in una posizione salutare, così che possano prendere le loro decisioni liberamente… in termini di cosa meritano, di cosa merita ogni essere umano.

 

 

Parte 2: Qualche consiglio sul self disclosure

 

Come teorizzeresti la tua tecnica di insegnamento?

 

Dunque, la tecnica di insegnamento è… Direi che sono molto appassionata di Schema Therapy, quindi il mio obiettivo è essere sempre sicura che sia il mio entusiasmo sia la mia passione per la teoria e l’applicazione del modello arrivino chiaramente al pubblico… Voglio che i miei allievi abbiano esperienza di come funziona la Schema Therapy, oltre ad apprezzarne la teoria e le strategie. Praticamente chiunque può parlare di teoria e strategie, ma se ci credi veramente e vuoi che gli altri afferrino, è necessario che tu dia informazioni proprio come si fa nella Schema Therapy, in un modo che sia reale… facendogli prendere vita. Ecco perché io uso molte dimostrazioni. Mostro il paziente, mostro il terapeuta, mostro le lotte. La mia tecnica di insegnamento include un apprezzamento empatico del fatto che la condizione umana è complessa. Gli Schema Therapist operano come agenti ri-genitoriali [re-parenting agents]– il ruolo è importante, difficile, arduo e gratificante. Spesso trattiamo pazienti che hanno una parte di se stessi infantile molto ferita… Voglio che i terapeuti sappiano che io comprendo quanto dura sia la lotta… e non voglio mostrare solo situazioni perfette nel trattamento. Voglio far loro vedere la lotta, voglio che tutti riescano a capire che tutti dobbiamo essere in grado di rispettare il fatto che è dura, anche se potrebbe sembrare facile quando qualcuno dice: “Sii solo te stesso, sii reale, sii onesto, sii aperto! Capisci, aiuta I tuoi pazienti a sentire il tuo interesse come se fossi un buon genitore o tutore.” Sembra facile, ma non lo è quando tanti terapeuti sono stati formati per essere distaccati, neutrali, una tabula rasa… uno schermo vuoto. Nella Schema Therapy è importante sottolineare l’utilità di essere una persona più genuina.

 

Questo… ci porta all’argomento dell’apertura verso gli altri: come insegni ai principianti i limiti dell’aprirsi al cliente?

 

La regola fondamentale è ricordarsi che qualunque cosa condividerai, dovrebbe essere a beneficio del paziente. Non abbiamo necessità di condividere niente che non sia loro d’aiuto. Quindi, i miei pazienti non riceverebbero alcun beneficio se io iniziassi improvvisamente a comportarmi come un’amica, perché un genitore non è un amico… Un buon genitore condivide le informazioni che giudica appropriate per un bambino, quindi quando parlo con un paziente, anche se sto vedendo un adulto, in realtà sto guardando in profondità e vedo un bambino piccolo problematico e in difficoltà. E se voglio che quel bambino piccolo si senta al sicuro, esca e si relazioni con me, allora posso condividere informazioni che so che il bambino è preparato a sentire. Quindi, la regola generale dell’aprirsi agli altri, nel nostro modello, è che ci si apre solo se si crede che possa essere rilevante per i bisogni del paziente. Non per i nostri. A volte può anche aumentare l’empatia – in altre parole, fa parte della capacità di apparire come rappresentanti del mondo reale. Posso reagire a qualcosa che mi viene detto in maniera critica, magari da un narcisista. Posso reagire alle sue parole come una persona reale, invece di parlarne teoricamente. Posso reagire dicendo: “Accidenti, quello che hai detto è abbastanza duro, ferisce i miei sentimenti.” Come un buon genitore direbbe ad un bambino, ma senza essere sopraffatto, senza lasciarsi andare e senza uccidere il carattere del bambino. Inoltre, posso constatare l’importanza della mia reazione rispetto alle sue necessità, poiché probabilmente è una rappresentazione delle reazioni delle altre persone nella sua vita. Quindi, prendo in considerazione la mia reazione e provo ad immaginare insieme a lui quale potrebbe essere la reazione di persone che non sono preparate a capirlo. Per questo l’aprirsi agli altri può avvenire anche sotto forma di reazione, così come condividere qualcosa su di te che sia legato all’esperienza del paziente. Ma, ancora una volta, deve essere di rilievo per le sue necessità – questa è la regola utile, il principio guida. Insegniamo ai nostri terapeuti specializzandi che se non è rilevante per i bisogni del paziente, allora sta succedendo qualcos’altro in loro stessi che potrebbe richiedere un’esplorazione ulteriore, e probabilmente un’auto terapia.

 

E, per quanto riguarda il problema del cliente che, nel momento in cui si accorge che sei disposto a condividere qualcosa di personale, prende più spazio e ti chiede sempre di più a proposito della tua esperienza, come si può insegnare al cliente e al terapeuta a non…

 

Si tratta di imporre dei limiti, come faresti con un bambino. Ci sono certe cose che un bambino non è preparato a sapere, non gli è utile saperle, non è appropriato che le sappia. Se tu sei un buon genitore, ci sono certe parti della tua esperienza, della tua personalità, da cui proteggi il tuo bambino… Potrebbe non essere adatto alla loro età condividerle con loro o potrebbe non essere rilevante. I pazienti potrebbero iniziare a chiedere tantissime informazioni personali sulla mia vita (è naturale essere curiosi, semplicemente perché gli esseri umani lo sono), ma alcune persone, specialmente i narcisisti, sono convinti che più informazioni hai, più riesci a controllare la situazione. Vogliono controllarla non necessariamente per ferire, ma per proteggersi. Per questo possono essere molto invadenti, e fare molte domande, ma la mia risposta in questi casi è onesta. Posso dire: “Apprezzo la tua curiosità, e capisco anche che sei abituato a persone che fanno ciò che chiedi, ma questa informazione semplicemente non è di rilievo per la tua terapia.” E dal momento che il mio ruolo è quello di un sostenitore [advocate], limitatamente ri-genitoriale [re-parenting] e di buon caregiver della tua parte vulnerabile, non sarebbe per me appropriato condividere certe cose con te: sono cose che possono forse essere dette ad un amico e io non sono un amico. Non soddisfa le tua necessità, davvero. Ma se riesci a spiegarmi in maniera convincente perché senti che questa informazione ti possa aiutare, nel senso di soddisfare i tuoi bisogni primari, sono felice di ascoltare e di considerare la tua domanda. Lasciamo che sia il paziente a spiegare perché per lui è importante avere notizie sulla mia vita sessuale o sulla mia situazione domestica ecc. Di solito non riescono a farlo, perché sono solo curiosi o stanno percependo una perdita del controllo. Poiché comprendo quanto un narcisista lotti con la propria intimità, posso dire: “Se stai cercando di dirmi che hai un problema con l’intimità e vuoi sapere se so come ci si sente, perché ciò ti farebbe sentire meglio compreso da me, allora posso capire perché senti che questa informazione è importante per te.” Posso dire: “So che per te è difficile, lo posso capire… essere umani significa che tutti abbiamo le nostre battaglie nel mondo delle relazioni interpersonali, sia in modi simili che in modi diversi. Ma i dettagli specifici della mia vita privata non sono rilevanti né per le tue necessità, né per la tua cura.”

 

Ti può capitare di avere relazioni amicali con un cliente dopo che la terapia si è conclusa?

 

No… Se un paziente mi chiede: “Potremmo essere amici quando la terapia finirà?” Facendo l’esempio mia figlia che ha 27 anni – risponderei: “Sarò sempre tua madre, non tua amica. E riserverò sempre un posto nel mio cuore, nel mio spazio, fin quando sarò qui, per te, come tuo terapeuta che si comporta come genitore (entro certi limiti). Sarò qui per la tua parte più preziosa. E anche se ti rispetto come adulto, ti ammiro come adulto, e riesco anche ad immaginarti come un buon amico, non posso esserlo, perché non mi concederebbe l’opportunità di esserci per la tua parte vulnerabile, ed è questo il modo in cui ti terrò sempre dentro… questa è la nostra relazione.”

 

Grazie, Wendy, per queste importanti chiarificazioni.

 

Apprezzo il tuo interesse per l’argomento, sei una persona squisita, Piera!

Copyright: © 2014 Wendy Behary & Piera Serra. This is an open-access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License. The use, distribution and reproduction of this article is permitted, provided the original authors and licensor are credited and that the original publication in E-Journal of Psychotherapy Research is cited in accordance with accepted academic practice. No use, distribution or reproduction is permitted which does not comply with these terms.

Comments: 0

Comments are closed.


  • Redazione

    Direttore

    Matteo Selvini, Scuola di Psicoterapia della famiglia Mara Selvini Palazzoli, Milano

    Comitato di redazione

    Grazia Attili, Sapienza Università, Roma

    Alfredo Canevaro, American Family Therapy Academy, Buenos Aires

    Juan Luis Linares, Università Autònoma, Barcellona

    Marco Vannotti, Cerfasy (Centre de Recherches Familiales et Systémiques), Neuchâtel