Perché una nuova rivista per psicoterapeuti?

By adminpsy
5 May 2014
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Piera Serra

L’idea di creare E-Journal of Psychotherapy Research nacque alcuni mesi fa, dopo una cena di lavoro in una cittadina sul lago di Garda, ai margini di un convegno. In quella cena si parlava di come aiutare clienti adulti che lamentano problemi di relazione con un genitore ed ecco che un collega si mise a raccontare la sua metodologia, che si potrebbe forse definire “l’identificazione con una madre o un padre liberati dalla loro patologia”. Per esempio, per quanto riguarda le clienti depresse che lamentano una relazione con una madre svalorizzante, si tratta di spiegare che la loro depressione è l’esito di una identificazione con la “patologia” della propria madre (a seconda dei casi, ansia, pessimismo, sensi di inferiorità ecc.), ma che tale “patologia” non costituisce l’autentica natura della madre, bensì una sorta di parassita che alberga in lei e oscura la sua autentica persona: la vera madre sarebbe serena e valorizzante. “Poiché i figli si identificano anche inconsciamente fin da bambini con il genitore dello stesso genere, tu ti identifichi con questa patologia e tendi a riprodurla nei rapporti con gli altri”. E prescrive alle clienti di fermarsi a figurarsi con l’immaginazione la madre “autentica”, cioè una madre priva di quella “patologia”. “La patologia mette la maschera di tua madre: tu credi che sia tua madre, identifichi tua madre con quella patologia che oscura la sua vera natura, la quale è, invece, positiva. La patologia tende a impossessarsi di te”. Identificandosi con quella madre autentica, anziché con la patologia della madre, viene spiegato alla cliente, ella può sradicare pian piano dalla propria persona la depressione che è stata assorbita nel corso dell’identificazione con la figura femminile materna deformata dalla depressione.

“Ma questo”, obiettò qualcuno, “non fa sì che esse si sentano in dovere di aiutare la madre, nella speranza che cambi?” Il collega rispose che questo rischio è neutralizzato dalla spiegazione che la “patologia” di un genitore purtroppo non può essere sradicata da un figlio. La figlia deve accettare di non poterla eliminare: può solo cercare di non farsela trasmettere.

A questo punto qualcun altro obiettò che una tal descrizione della patologia psicologica come irreversibile potrebbe implicare l’ereditarietà biologica e quindi dare alla cliente l’idea di poter aver ereditato una malattia. A questa obiezione il collega rispose che la patologia del genitore viene descritta come l’esito di una relazione sbagliata, di un errore negli input sociali.

Questo è quanto riuscii a cogliere nel corso di quella conversazione. E sentii che quel metodo poteva funzionare in molte situazioni di sofferenza psicologica. Pesò forse nel convincermi di questo il fatto che poche settimane prima avevo incontrato a Boston Albert Pesso e lo avevo visto condurre le sue “strutture”, nelle quali, attraverso una metodologia piuttosto complessa, accompagna il cliente a compiere l’esperienza di immaginare nel proprio passato un padre e una madre ideali, totalmente differenti da quelli reali, un padre e una madre che soddisfano i bisogni del cliente rimasti insoddisfatti nel corso della sua storia.

Riuscii poi in effetti a utilizzare molto di quanto appreso quella sera a favore di alcuni miei clienti.

Ciò mi fece pensare che in questo momento della storia della psicoterapia forse non sono pochi i colleghi che nella segretezza del proprio studio hanno forgiato strumenti buoni e nuovi, che potrebbero essere utilmente condivisi dalla comunità professionale.

L’ambito delle cure psicologiche ha visto un primo periodo di monopolio delle società di psicoanalisi e poi, dagli anni ‘70, si sono affermate alcune altre scuole come quella cognitivo comportamentale o quella sistemica. Sono invece rimasti ai margini fino agli anni recenti, come osserva Matteo Selvini nel corso dell’intervista che trasmettiamo, gli approcci che tendono a valorizzare schemi cognitivi funzionali in associazione a esperienze emozionali che si svolgono nell’ambito stesso delle sedute. Alcune di queste metodologie sono quindi ancora patrimonio di pochi o addirittura del tutto ignorate.

L’auspicio è che questa rivista possa accogliere articoli in cui nuove idee o nuove applicazioni di teorie esistenti siano esposti in forma concisa, in modo da essere facilmente fruibili, senza ovviamente trascurare la citazione rigorosa delle opere che possono aver contribuito alla nascita del nuovo metodo. Poiché poi non sempre ci è facile, quando siamo coinvolti nel lavoro terapeutico, distaccarci da un punto di osservazione del nostro metodo dall’interno di noi stessi per descriverlo da un punto di vista esterno, intersoggettivo, saranno anche considerati manoscritti in fase di elaborazione, allo scopo di creare sinergie costruttive tra autore e reviewer.

Desideriamo aiutare gli autori a condividere il proprio lavoro nella comunità professionale e scientifica senza tuttavia perderne la proprietà intellettuale. A proposito, lo psicologo che ha inventato il metodo dell’”identificazione con padre o madre liberati dalla loro patologia" si chiama Gianpiero Stringari e svolge la sua pratica professionale privata a Trento.

Pubblicato online: 14 Maggio 2014.

Copyright: © 2014 Piera Serra. Questo è un articolo a libero accesso distribuito in base alla  Creative Commons Attribution License 4.0. L'uso, la distribuzione e la riproduzione di questo articolo sono consentiti a condizione che sia esplicitamente attribuito all'autrice e che la pubblicazione originale in E-Journal of Psychotherapy Research sia citata in accordo con la pratica accademica in uso. Non è consentito alcun utilizzo, distribuzione o riproduzione dell'articolo o di parte dello stesso se non alle sopra citate condizioni.

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