Lo psicodramma analitico per il superamento delle violenze interpersonali: un gruppo composto da vittime e autori di violenza

By adminpsy
4 Jun 2014
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Annalisa Versari

Questo articolo descrive un trattamento innovativo per persone che sono autori di violenze e persone che subiscono violenza. Il trattamento si svolse in 15 sessioni di un’ora e mezza. I partecipanti avevano un’età era compresa tra i 22 e i 63 anni. Il follow-up fu fatto a un anno dalla fine del trattamento.  Vengono descritti i fondamenti teorici, gli esiti e gli aspetti innovativi di una tecnica di trattamento in un campo tanto importante quale la violenza domestica.

Perché includere nello stesso gruppo persone autori di violenze e persone che subiscono violenze? In letteratura sono documentate forme di trattamento che implicano la compresenza di autori e vittime all’interno dello stesso gruppo. In particular Knauss (2010). In particolare Knauss (2010) ha utilizzato il setting della psicoterapia di gruppo ad indirizzo psicoanalitico per il trattamento integrato di pazienti  che presentano patologie di diversa tipologia, inserendovi all’interno due donne che avevano subìto violenze  da bambine e due autori di violenze sessuali inviati dal tribunale.  Alcuni studi testimoniano inoltre risultati positivi per quanto riguarda il trattamento congiunto di coppie in setting di gruppo (Dunford, 2000; O'Leary, Heyman e Neidig, 1999). In quest’ultimo caso, i vantaggi derivanti dall’inserimento dell’autore di violenze all’interno dello stesso gruppo dove si trova la vittima consisterebbero nel fornire alla vittima la possibilità di confrontarsi con l’autore delle violenze alla presenza di una figura autorevole e protettiva in grado di affrontare la natura oppressiva degli abusi.  La vittima potrebbe quindi utilizzare successivamente questo esempio come modello per affrontare future situazioni conflittuali (Dunford, 2000). La compresenza nello stesso gruppo di persone che subiscono e agiscono violenze è inoltre ritenuta un elemento fondamentale affinché i diversi partecipanti possano riconoscere la complementarietà dei ruoli assimilati attraverso le esperienze passate e successivamente sperimentare, attraverso l’azione e il discorso all’interno del gruppo, alternative comportamentali più efficaci. Inoltre, poiché uno dei più diffusi atteggiamenti collusivi tra autore e vittima è sostenuto dalla convinzione che la violenza dell’aggressore sia l’esito di un suo disturbo psicologico (e sia perciò da comprendere e in qualche misura da tollerare), si ritiene che far interagire le vittime con persone che, in passato autori di violenza, hanno acquisito piena consapevolezza delle responsabilità circa il proprio comportamento e siano in grado di offrire testimonianza della propria volontà di controllare la vittima attraverso la violenza, possa contribuire al superamento da parte delle vittime della convinzione di cui sopra.

Nel contempo, nell’ambito di una tale interazione  gli autori di violenze avrebbero l’opportunità di ricevere la testimonianza della sofferenza della vittima e quindi sperimentare vissuti di empatia nei confronti di quest’ultima.

Essendo in numero così limitato le esperienze di trattamento congiunto di autori e vittime di violenze in setting di gruppo documentate dalla letteratura, abbiamo deciso di effettuare un’esperienza pilota all’interno di un servizio di sanità pubblica, allo scopo di organizzare al meglio il Servizio, nonché di offrire un contributo alla ricerca inerente il trattamento nei casi di violenza.

Per la realizzazione di questa esperienza abbiamo scelto di adottare la tecnica dello psicodramma psicoanalitico (Lemoine, 1973, 1977). A questo proposito è documentato in letteratura come le tecniche psicodrammatiche si siano dimostrate efficaci nel trattamento di gruppo sia di vittime che di autori di violenze (Smokowski & Bacallao, 2009; Karataş & Gökçakan, 2009; Réveillaud & Guyod, 2008; Avinger & Jones, 2007; Carbonell & Parteleno-Barehmi,1999; Stith, S. M., & McCollum).

Quali sono le ragioni dell’efficacia dello psicodramma? Attraverso l’utilizzo dello psicodramma analitico, in particolare della tecnica del gioco psicodrammatico, è resa possibile la percezione di emozioni e vissuti associati alle violenze e difficilmente comunicabili perché spesso non ancora accessibili ai processi di mentalizzazione (Allen, Fonagy, & Bateman, 2010).  L’utilizzo del gioco psicodrammatico, attraverso le tecniche del role playing o del doppiaggio (Miglietta, 1998), consente al partecipante di entrare in contatto con parti spesso dissociate di sé favorendone l’integrazione nel quadro più ampio della personalità. Ciò appare quanto mai importante nel caso di persone che sono state coinvolte in situazione  traumatiche o in episodi di violenza, siano essi legati ad esperienze precoci o a passaggi successivi dello sviluppo individuale. Lo psicodramma, attraverso l’azione scenica e il coinvolgimento diretto e intenzionale del corpo, rappresenta uno strumento  privilegiato, a tale fine. Il gruppo di psicodramma si configura infatti come uno spazio fisico sicuro e un ambiente interpersonale sicuro all’interno del quale  le emozioni possono dischiudersi molto più rapidamente che attraverso il solo scambio verbale.

Partecipanti

Le persone coinvolte nell’attività di psicodramma di gruppo erano utenti di un servizio psichiatrico pubblico che presentavano problematiche di natura ansioso–depressiva e che non avevano avuto alcun contatto tra loro fino al momento dell’inserimento all’interno del gruppo. Si è trattato di utenti che rivolgevano una richiesta di aiuto al Servizio a causa di una o più di queste tipologie di violenze (agite o subite):

  • Violenze sessuali e psicologiche all’interno della famiglia;
  • Episodi di discriminazione razziale;
  • Episodi di mobbing;
  • Violenze fisiche e psicologiche all’interno della coppia.

In più casi, più aree problematiche si sommavano nello stesso partecipante.

I partecipanti avevano un’età era compresa tra i 22 e i 63 anni, erano presenti 5 donne e 2 uomini. Gli autori di violenze erano due, un uomo e una donna (di cui l’uomo in trattamento farmacologico  con ansiolitici). Era inoltre presente un uomo che si dichiarava autore di violenze e che a sua volta subiva violenze. Gli autori di violenze non avevano procedimenti giudiziari in corso o richieste di separazione che potessero influenzarli nella scelta di aderire al trattamento.

Metodologia

Il trattamento ha avuto una durata di 15 incontri, a cadenza quindicinale,  di un’ora e mezza ciascuno.  Prima dell’inizio del trattamento di gruppo, ognuno dei sette partecipanti ha svolto alcuni colloqui individuali (da 3 a 5), finalizzate all’analisi della domanda e delle aspettative e alla definizione degli obiettivi individuali [Each of seven selected participants has also benefited from 3 to 5 individual sessions before the start of group treatment that were intended to carry out an analysis of the demand and expectations  and to establish individual goals.] Nel corso dei colloqui preliminari veniva chiarito ai partecipanti che le violenze non sono mai da considerarsi sintomi psicopatologici. Era inoltre richiesto di acconsentire esplicitamente all’inclusione di autori di violenze, inserimento da considerare funzionale in primo luogo all’efficacia della trattamento per le vittime e solo secondariamente per gli autori stessi.  

Il gruppo era condotto da due psicoterapeute che si alternavano nel ruolo di conduttore e osservatore. A ciascun partecipante veniva inoltre concessa la possibilità di usufruire di alcuni colloqui individuali in corso di trattamento. Tali colloqui erano finalizzati ad analizzare problematiche urgenti. L’accordo con i partecipanti era comunque quello di trovare in un secondo momento lo spazio per condividere all’interno del gruppo almeno parte di questi contenuti.

Durante ogni incontro i partecipanti prendevano parola seguendo la regola delle libere associazioni, il conduttore sceglieva tra i racconti dei presenti quello che meglio poteva rappresentare “l’emergente” del gruppo (Pichon Riviere, 1985), dopodiché si realizzava il gioco psicodrammatico. Alla persona indicata dal conduttore veniva chiesto di scegliere tra i partecipanti al gruppo chi poteva impersonare i ruoli del suo racconto. Una volta effettuata la scelta dei personaggi e fornite le motivazioni di tale scelta, poteva essere messo in scena il racconto avvalendosi della tecnica del role playing e del “doppiaggio”. Al termine del gioco aveva luogo la fase di condivisione di gruppo e ascolto dei vissuti degli “spettatori” e dei “protagonisti”. Ruolo dell’osservatore, silente nel corso dell’intera seduta, era infine quello di restituire quanto colto dei temi e delle emozioni profonde emerse durante svolgimento del “gioco psicodrammatico” e più in generale dai discorsi dei partecipanti.

Esiti

I partecipanti hanno esplicitato tutti soddisfazione per la partecipazione. L’osservazione clinica ha consentito di rilevare un miglioramento significativo del tono dell’umore e una diminuzione dell’ansia in tutti i casi. Il follow-up a un anno dal termine del trattamento ha mostrato esiti positivi, in particolare per quanto riguarda le quattro donne vittime di violenze. Tra queste: la ragazza più giovane del gruppo ha richiesto la tutela dei servizi sociali perché il padre stava agendo sulla nipotina le stesse violenze che lei aveva subito in passato; una donna ha lasciato il partner abusante ricostruendo una relazione affettiva con un altro uomo; una donna è uscita dal percorso dopo quattro sedute per farsi seguire da un centro antiviolenza e, infine, la signora più anziana del gruppo ha conservato la relazione con il marito che le infliggeva violenze psicologiche, ha conservato la relazione con il marito che le infliggeva violenze psicologiche, dicendo di non volersene separare nella convinzione che la separazione avrebbe potuto renderlo pericoloso, ma migliorando in modo sostanziale le strategie di coping (da strategie di colpevolizzazione ed evitamento a strategie più attive). L’uomo autore e vittima di violenze all’interno della coppia ha riferito un significativo miglioramento della qualità della relazione con cessazione delle violenze, sia quelle inflitte che quelle subite. L’altro uomo autore di violenze ha assunto la responsabilità delle scelte di violenza coniugale che prima attribuiva a problematiche psicologiche. Da meccanismi di attribuzione esterna (colpevolizzazione della vittima) è passato a un’attribuzione interna della responsabilità abbandonando definitivamente l’ipotesi della patologia psicologica come attenuante per le proprie azioni e il conseguente riconoscimento della propria rabbia e bisogno di controllo come motivazione primaria alla base della violenza. In questo caso, pur diminuendo in modo sostanziale le violenze agite, sono continuate a permanere violenze di tipo verbale, seppur sporadiche.

Un unico caso sembra non aver sortito effetti di riduzione della violenza: si è trattato della donna autrice di violenze. Si trattava di una donna che infliggeva violenze psicologiche alla figlia da poco maggiorenne e che ha dimostrato fin dall’inizio scarso insight, un pensiero estremamente rigido e stereotipato e una scarsissima capacità di decentramento cognitivo (capacità di assumere il punto di vista della vittima).

Discussione

In conclusione, gli interventi in questo campo si muovono fra Scilla e Cariddi: tra la necessità di assistere e il rischio di de-responsabilizzare gli autori e “patologizzare” le vittime. Ciononostante riteniamo che l’utilizzo della tecnica dello psicodramma analitico costituisca un elemento innovativo ed efficace nel trattamento di questa tipologia di pazienti. La possibilità di identificarsi nel ruolo “complementare” consente a ciascuno dei partecipanti di raggiungere una consapevolezza della propria posizione favorendo la capacità di decentramento e, più in generale, favorendo lo sviluppo delle abilità di mentalizzazione e accesso al pensiero simbolico. Riteniamo inoltre che l’efficacia dell’attività di gruppo, che vede nel role playing uno strumento di fondamentale importanza, sia legata alla possibilità  di favorire:

  • Lo sviluppo di strategie di coping più efficaci nella gestione delle relazioni (es. strategie attive volte alla gestione del conflitto, alla delimitazione  e tutela degli spazi personali);
  • Il passaggio dall’acting out al pensiero e quindi all’azione;
  • Un migliore contatto con sentimenti ed emozioni spesso scissi e proiettati all’esterno quali impotenza e senso di colpa;
  • L’elaborazione e il passaggio dal senso di colpa all’assunzione di responsabilità.
  • Lo sviluppo di migliori capacità di mentalizzazione.

In conclusione, pur consapevoli delle limitazioni che caratterizzano questa esperienza clinica, tra queste la mancata somministrazione di scale cliniche volte a misurare l’efficacia del trattamento e il conseguente affidamento all’osservazione clinica come unica fonte di valutazione, riteniamo che la tecnica dello psicodramma analitico per il trattamento all’interno dello stesso gruppo di autori e vittime di violenze, costituisca uno strumento nuovo ed efficace nel campo della psicoterapia e del trattamento delle violenze. Auspichiamo che future ricerche nello stesso campo possano apportare il rigore metodologico necessario a porre a verifica l’efficacia clinica dei risultati di questa esperienza pilota.

Bibliografia

Avinger K. A., Jones R. A. (2007). Group Treatment of Sexually Abused Adolescent Girls: A Review of Outcome Studies. The American Journal of Family Therapy, 35, 315–326.

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Allen, J. G., Fonagy, P., Bateman, A. W. (2010). La mentalizzazione nella pratica clinica. Raffaello Cortina, Milano.

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Lemoine, G. e P. (1977). Lo psicodramma, Moreno riletto alla luce di Freud e Lacan. Feltrinelli, Milano.

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Smokowski, P. R., Bacallao, M., (2009)    Entre Dos Mundos/Between Two Worlds Youth Violence Prevention Comparing Psychodramatic and Support Group Delivery Formats. Small Group Research, 40,  3-27.

Pubblicato online: 4 Giugno 2014.

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